La qualità dell’inclusione rappresenta la qualità della scuola
In ambito educativo, però, la dicotomia alunni handicappati e quelli non handicappati è profondamente dominante nel modo di pensare.
Gli alunni con handicap sono ritenuti idonei a ricevere un’educazione speciale, mentre i secondi devono ricevere un’educazione ritenuta nella norma.
I bisogni individuali sono molto più complessi per poterli dividere in una dicotomia, descrivere qualcuno come handicappato non è indicativo del tipo di intervento di cui ha bisogno. Infatti, un alunno con una situazione sociale e culturale disastrosa, può avere un funzionamento reale ben più compromesso e bisognoso di interventi, rispetto al funzionamento reale di un alunno con sindrome di Down.
Il concetto di bisogno educativo speciale non è un termine che si riferisce a un particolare tipo di disabilità, ma prende in considerazione l’alunno nella sua interezza con le sue abilità e le sue disabilità, tutti fattori che hanno certamente un peso sul suo progresso a scuola (Warnock Report, 1978, 3.6)
La definizione di ‘bisogni educativi speciali’ è diventata di uso comune in sostituzione del termine educazione speciale perché la vecchia terminologia indicava l’educazione degli alunni con disabilità, che avviene in luoghi o istituzioni diverse dalle scuole o le università normali. In molti paesi europei una grande percentuale di alunni sono di fatto istruiti nelle scuole regolari mentre altri hanno luoghi diversi.
Il concetto di alunni con bisogni educativi speciali riguarda non soltanto gli alunni identificati come ‘handicappati’ sulla base di categorie mediche specifiche, ma include tutti quegli alunni che falliscono a scuola per ragioni diverse, ma che molto probabilmente sono la causa del mancato apprendimento. Determinare se questi alunni hanno bisogno o meno di supporti aggiuntivi, dipende dalla capacità della scuola di adattare il curricolo, i metodi di insegnamento e modificare l’organizzazione scolastica; di fornire risorse umane e materiali in grado di stimolare un apprendimento efficiente ed efficace da parte di questi alunni. (Traduzione ISCED, UNESCO,1997:33)
In Italia la categoria dei bes include:
- Alunni disabili (Legge 104/1992)
- Alunni con DSA e Disturbi Evolutivi (Legge 170/2010)
- Alunni con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale
I BES riguardano anche tutti quegli alunni che non rientrano nella certificazione di handicap (Legge 104/1992) o nei DSA/Disturbi Evolutivi (170/2010) secondo la normativa vigente, ma anche quelli che sono a rischio di insuccesso scolastico (ad esempio disagio sociale, svantaggio socio-economico, minoranze linguistiche).
La Direttiva del dicembre 2012, la Circolare Ministeriale n°8 Marzo 2013 e la nota ministeriale del 22 Novembre 2013 cercano di stabilire dei criteri per la presa in carico di tutti gli alunni attraverso la personalizzazione degli apprendimenti attraverso una politica di giustizia sociale.
Nella scuola italiana le pratiche educative e di insegnamento sono fortemente influenzate dal discorso medico, piuttosto che da logiche pedagogiche. L’apprendimento è visto come pratica individuale (insegnante-alunno) e non come facente parte di un sistema sociale e culturale.
Esiste certamente un problema della scuola in Italia, che è quello di far sì che i docenti si responsabilizzano anche per gli alunni “senza certificazione e diagnosi”. La diversità oggi, a scuola, è declinata solo in termini di patologia e di inferiorità, non si parla infatti delle eccellenze.
Bisogna elaborare una risposta educativa personalizzata, come già previsto dalla Legge n°53 del 2003.
Per avere una educazione che sia veramente inclusiva bisogna cambiare radicalmente il nostro sistema educativo a livello di curricolo, processi valutativi, approccio pedagogico, organizzazione del sistema scuola.
Bisogna avviarsi a pensare ad una scuola che avvii una serie di processi innovativi; attuando un atteggiamento aperto verso il cambiamento e l’innovazione secondo i modelli teorici dell’inclusione, ma partendo da una revisione dei luoghi comuni sulla scuola e l’educazione.
L’inclusione deve favorire la partecipazione all’apprendimento, partendo da cosa hanno in comune gli alunni, con interventi pedagogici e didattici che valorizzano l’eterogeneità.
Dott.ssa Carla Casale – Educatore Professionale Psicologa dello Sviluppo