La scuola in pratica!
In questo articolo si intende illustrare i cambiamenti legislativi che si sono avuti negli ultimi anni che vanno ad integrarsi ai principi dell’integrazione scolastica, assunti come punti di riferimento dalle politiche di inclusione in Europa.
Sono trascorsi ormai quasi trent’anni da quando fù emanata la legge 517 del 1977 che ha introdotto il termine “integrazione” focalizzando l’azione sul soggetto singolo disabile, con handicap ed handicap grave secondo i criteri della legge 104/92 permettendo il loro inserimento nelle nostre scuole.
Eppure la diversità in aula è fatto psicologico e concreto che ha molte sfaccettature e per questo non molto chiaro e definibile per coloro che hanno dei Bisogni Educativi Speciali (BES). Essi pur non essendo disabili sono assai problematici e sono tanti, di gran lunga superiori ai primi.
A questo riguardo è rilevante l’apporto del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’ O.M.S. che considera le caratteristiche di ogni persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale e questo ci ha permesso di classificarli per poterli aiutare.
Sappiamo bene che il benessere e la salute di una persona sono il risultato di molteplici aspetti e componenti che interagiscono tra di loro in modo dinamico ed integrato influenzandosi a vicenda. Lo sviluppo di un individuo, cosi come l’approccio ai suoi problemi, è profondamente condizionato da eventi che si verificano nelle varie situazioni ambientali intorno a lui e di cui egli stesso non ne è neppure a conoscenza. Si potrebbe dire che ogni bambino potrebbe incontrare nella sua vita una situazione che gli crea un BES o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici e sociali, poichè i contesti di vita cambiano continuamente. Ecco perchè le scuole debbono offrire una adeguata e personalizzata risposta.
Di qui la Circolare Ministeriali (CM) n°8 del marzo 2013 esplicativa dei percorsi di studio enunciati nella legge 53 del 2003 che concretizza con il PAI (Piano di Inclusione) gli strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e l’organizzazione territoriale per l’Inclusione Scolastica gia definiti dal ministro Profumo nella sua Direttiva del 27 dicembre 2012. Quindi non solo integrazione per gli alunni DSA, che per i benefici della legge 104/92 prevede l’insegnante di sostegno, ma la presa in carico per un diverso canale di cura educativa dell’alunno BES da parte di ciascun docente curriculare e di tutto il team docente coinvolto. Questo punto di svolta lo si deve anceh alla legge 170/2010 relativa ai DSA. Si tratta di alunni con Disturbo Specifico di Apprendimento con competenze intellettive nella norma, che possono incontrare difficoltà a scuola per disturbi di origine costituzionali che si manifestano a livelli diversi di gravità, nell’apprendimento e nell’utilizzo degli aspetti automatici della lettura, della scrittura e del calcolo. Tuttavia la frustrazione legata alle scadenti prestazioni scolastiche può tramuntarsi in demotivazione, depressione, disagio scolastico e, negli ultimi anni del percorso scolastico, in abbandono.
La Scuola Inclusiva è una scuola che sa fare la differenza, che sa cogliere le differenze di ciascuno, valorizzandone le competenze; una scuola attenta ai successi scolastici e alle difficoltà, dove appare chiaro la necessità di dotarsi di strategie professionali organizzate e mirate che danno, non solo l’opportunità di imparare, ma anche di commettere errori e di ripartire da questi ultimi per avere successi. In questo modo appare chiara l’importanza che ogni alunno assuma un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppando inclinazioni, esprimendo curiosità, assumendo sempre maggiore consapevolezza di sè in vista di un proprio progetto di vita imparando a gestire da solo le conoscenze e le competenze acquisite, ma soprattutto provando piacere in questo “saper fare” utilizzando le proprio modalità operative, le proprie conoscenze, cercando anche facilitazioni e/o chiedendo aiuto sapendo di poterlo fare sensa per questo sentirsi giudicato. Gli insegnanti devono fungere solo da fulcro, essere mediatori-cognitivi-motivazionali, devono sapere interpretare con la loro esperienza e la loro competenza eventuali difficoltà anche se non vi è una certificazione degli specialisti e pianificare il tutto in un Piano Didattico Personalizzato (PDP).
Sono queste informazioni che permettono a noi insegnanti di ipotizzare un progetto di vita multiprospettico, un percorso di collaborazione tra scuola, servizi e famiglia, con quei percorsi compensativi (in termini di risorse e di servizi) attraverso cui il contesto sociale può e deve aiutare la persona in difficoltà a migliorare la sua qualità di vita durante tutto il corso della sua crescita. Una cultura dell’Integrazione e dell’Inclusione che regola rapporti e azioni fra i vari soggetti coinvolti (famiglie, insegnanti, assistenti alla comunicazione, AEC) che si propone di superare con schemi rigidi e definiti, la cultura dell’operatività che valorizza il soggetto con difficoltà e disabilità a diventare autonomo e quindi adulto.
E’ l’autonomia la componente trasversale che accompagna il bambino/ragazzo durante tutto il corso della sua crescita e che acquista valenze e livelli diversi a seconda del momento evolutivo e del contesto logistico e umano in cui egli vive. Così l’effettiva realizzazione di un’azione educativa, va a coincidere con la definizione dei suoi bisogni educativi.
“La scuola deve sapersi attrezzare”, se le risorse di ieri non bastano più oggi c’è da inventarsi qualcosa di diverso.
Lucia Conte