Le Relazioni Affettive ai Tempi di Facebook
Le relazioni affettive ai tempi di facebook
I social network: un fenomeno di costume o un’emergenza sociale?
Facebook conta circa 200 milioni di utenti, dei quali quasi 10 milioni soltanto in Italia, è il fenomeno mediatico a più rapida diffusione in tutta la storia delle tecnologie della comunicazione.
È un vero e proprio fenomeno di costume e per questo è stato oggetto di numerosi studi a carattere sociologico e psicologico.
Al giorno d’oggi i social network hanno invaso ogni sfera della nostra vita: dall’interrelazione con gli altri, dalla sfera professionale fino al nostro modo di comunicare con il mondo che ci circonda e le nostre relazioni affettive.
Ma l’ambito in cui le nuove piattaforme hanno apportato le conseguenze maggiori è sicuramente quello legato alla sfera affettiva e alla ricerca di nuove relazioni amorose.
Sono cambiati i modi di vivere il rapporto di coppia, è forse cambiato il concetto stesso di “rapporto”, sono cambiate le metodologie di approccio verso desiderati nuovi partners. Molte sono le migliorie derivanti dalle nuove tecnologie, ma non mancano le criticità.
Nuovi stili di approccio
Sul versante dell’universo dei singles, sicuramente il fenomeno dei social network ha apportato notevoli vantaggi sul piano del contatto e della conoscenza di possibili partners futuri.
In un passato non molto lontano, la tecnica di maggior utilizzo era la semplice richiesta del nome e del numero di telefono della persona d’interesse.
Una volta ottenute queste informazioni, la partita veniva giocata a mezzo di sms e telefonate di conoscenza, attraverso le quali carpire più particolari possibili sulla controparte e mostrando le proprie peculiarità. Oggi, invece, basta solamente conoscere il nome della persona desiderata: tutte le informazioni che occorrono, nella maggior parte dei casi, si possono trovare in rete sul profilo personale in qualche social network. Il passo successivo è il contatto diretto via chat, o messaggistica istantanea, offerta dalla piattaforma in uso.
Se da un lato l’utilizzo dei social facilita il contatto e la comunicazione, da un altro lato nasconde delle insidie, eccone alcune:
- Eccessiva amplificazione del desiderio di essere riconosciuti, di diventare delle celebrità
- Difficile individuazione dell’identità altrui: l’identità coincide con le proprie affermazioni, quindi non sappiamo mai chi si cela davvero dietro le dichiarazioni aperte
- Instabilità e precarietà della propria identità: (l’identità diventa una realtà fluida: moltiplicare le proprie identità, o subire una moltiplicazione di identità, attraverso l’essere “taggati”, ha un effetto sulla percezione di sé che cessa di essere chiara e distinta. Questo è vero soprattutto per gli adolescenti, la cui identità è in fase di formazione)
- Ambiguità della comunicazione: è facile fraintendere i messaggi che viaggiano sui social network, mancando il livello paraverbale della comunicazione, i contesti e i riferimenti concreti.
L’ambiguità della comunicazione ha anche cause ulteriori e ulteriori effetti: non si hanno sufficienti strumenti per riconoscere e comprendere gli stati emotivi sottostanti a una data comunicazione (perchè il corpo è il grande assente).
Questo comporta il fenomeno dell’analfabetismo emotivo, della mancanza di empatia; non sono abituato a riconoscere le emozioni degli altri, divento incapace a riconoscerle anche in me stesso. Non so più cosa provo in certe situazioni. Se lascio una persona attraverso Facebook è ben diverso dall’interrompere un rapporto di persona; non posso constatare il dolore che provoco e quindi non entro in empatia con l’altro.
Quasi a supplire la mancanza del corpo, le comunicazioni sono accompagnate dalle “faccine” (emoticon) a voler colorare di contenuto emotivo il messaggio ma a mio avviso rendendolo più falso.
E’ fin troppo noto il pericolo di sviluppare una dipendenza dai social, quali capacità occorre sviluppare per non incorrere nel rischio della dipendenza?
Secondo autorevoli studiosi, bisogna sviluppare soprattutto la capacità di stare soli, la capacità di gestire il vuoto e il silenzio, di godere e gioire del quotidiano; la capacità di autonomia, ma anche la capacità di attendere, di raccontare e di ascoltare i racconti degli altri.
Dott.ssa Maria A. Romano