Educare alla relazione, educare ai sentimenti
Le cronache quotidianamente riportano notizie sconcertanti di episodi di violenza che avvengono dentro le mura domestiche, fino ad arrivare all’omicidio. Un termine che ricorre molto spesso è quello di “femminicidio” come se con questo termine si voglia dare una visione più specifica dell’omicidio; un omicidio che si compie in nome di un “amore malato”. Le terribili vicende di questi giorni, i delitti efferati consumati in famiglie “per bene” costituite da persone altrettanto insospettabili ci sbattono in faccia la drammaticità e l’urgenza di educare i nostri figli e la nostra società a dare valore ai sentimenti e all’importanza degli affetti e delle relazioni.
La forza del messaggio che passa attraverso i media non porta il buon esempio, ci sono trasmissioni televisive, libri e siti web dove si inneggia ad ignorare il loro pianto, i loro “capricci” e le loro paure. Bambini soli che reprimono le loro emozioni negative perché gli adulti non le accettano, perché il bambino bravo, indipendente e autonomo secondo il nostro ideale culturale, è quello che non piange, non urla, non fa i capricci, non disturba i genitori, non li chiama, soprattutto di notte.
Questi bambini poi cresceranno e forse non sapranno esprimere e gestire i loro sentimenti perché avranno imparato a ignorare parti di sé; forse non sapranno dire ti amo, non sapranno farsi amare, si bloccheranno, poiché non sono stati cresciuti secondo una cultura del contatto fisico ed emotivo, dell’affettività in cui i conflitti e le frustrazioni non si evitano ma si accolgono, si affrontano e si gestiscono senza ricorrere alla violenza, con l’ascolto, ma soprattutto con l’accettazione dei sentimenti negativi di tutti, grandi e piccini. Una possibile conseguenza potrà essere quella di diventare adulti con modalità infantili e anaffettive che potrebbero degenerare e diventare “mostri” che troviamo nelle cronache. E’ opportuno riflettere sugli aspetti educativi e sul loro impatto emotivo nella crescita degli individui. Quanti adulti sono a proprio agio nel parlare dei propri sentimenti e delle proprie emozioni, soprattutto di quelle negative? Quanti di noi adulti da bambini sono stati educati ad accettare e rielaborare anche le emozioni proprie e degli altri? Le nuove generazioni devono praticare la consapevolezza morale delle proprie emozioni anche fuori dalla famiglia, che rimane comunque il luogo di eccellenza, bisogna inserire l’educazione affettiva ed emozionale anche a livello didattico. I nuovi modelli sociali molto spesso non sono sostenuti dall’etica ma si reggono spesso solo sull’opportunità, sulla competizione, sul profitto individuale e sull’egoismo. Lascia sgomenti la violenza ed è una responsabilità di tutti noi fare qualcosa a livello sociale per fermarla.
È arrivato il momento di riflettere sui metodi e suoi contenuti educativi della nostra cultura. Di dare valore all’educazione affettiva di grandi e piccini, di rispettare i sentimenti di tutti. Di dare esempi di affettività, ascolto ed empatia, anche quando ci riesce difficile. Comunicare senza violenza ma nel rispetto dei ruoli e della dignità di tutti. Di fronte ad un bambino che urla possiamo dire: “Sei arrabbiato? Mi sembri tanto arrabbiato! Vorrei tanto sapere perché…sono qui con te, ti accetto anche se urli. Cosa posso fare per aiutarti?” Quello sarà un bambino che quando un giorno vedrà qualcuno urlare forse saprà ascoltare. Di fronte alle botte date ai bambini ancora ci sono persone che le giustifica “tanto non è mai morto nessuno” dicono. Sono atti di violenza, atti di potere non di educazione. I genitori devono imparare a dare regole coerenti seguendo un loro modello educativo che permetta ai propri figli di crescere nel rispetto di se stessi e degli altri.
Siamo abituati a categorizzare, etichettare, giudicare, estremizzare, allontanare da noi emozioni negative e sentimenti spiacevoli, ma esistono e fanno parte di ognuno di noi! Siamo abituati a far prevalere la parte razionale rispetto a quella emotiva, perché dobbiamo ottenere, perseguire la crescita economica, consumare, produrre. Siamo abituati a cancellare, negare e anche quindi ad eliminare chi o cosa ci limita e ci fa sentire in gabbia.
Ognuno di noi deve tentare di capovolgere la nostra cultura dando valore al contatto fisico ed emotivo, ai bisogni di tutti, all’educazione affettiva, alla compassione a e all’empatia.
Parlare dei sentimenti coi bambini, ascoltare le mamme già dalla gravidanza, nel parto, fornire ambienti e occasioni in cui le famiglie, i padri si sentano accolti anche nell’espressione dei loro sentimenti negativi e più nascosti, sia nei confronti dei familiari che dei bambini: questo può fare la differenza.
Dott.ssa Maria A. Romano